Avevo 14 anni e mi ero trasferita da pochi giorni in un altro quartiere.
Torno da scuola, prendo il bus e proprio mentre si approssima la mia fermata sento una forte stretta alla chiappa, mi giro e un vecchietto sta correndo alla porta per scendere.
Ero una ragazzina timida e mi parte subito quello che oggi chiamerei i sensi di colpa della vittima, immagino che magari l’anziano stesse scivolando e che mi fosse caduto addosso per sbaglio.
Insomma scendo poco dopo di lui e prendiamo strade diverse (la mia leggermente più lunga), mi avvio al mio condominio e chi becco? Lo stesso vecchietto che aveva fatto il giro dall’altro lato e che stava aprendo il portone del palazzo.
Si gira accorgendosi della mia presenza, mi guarda e sbianca come un morto.
Credeva che lo avessi seguito forse per menarlo, evidentemente. Non avevo più dubbi: il suo sguardo era una confessione in piena regola. Per un curioso scherzo del destino abitavamo uno di fronte all’altra, in due scale separate.
Ovviamente non si è più permesso di farmi uno “scherzo” simile, ci sono voluti molti anni per raccontare questa cosa ridendo e comunque l’ho fatto solo dopo la sua dipartita.
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