Nel 2004, quando avevo circa quindici anni, una mia compagna di classe, che credevo amica, andò a dire ai professori che io facevo parte di una setta satanica e che quando uscivamo insieme la costringevo ad ubriacarsi, io che prima di conoscere lei manco bevevo un bicchiere di birra. I professori ovviamente le credettero, perché purtroppo ero una cosiddetta “metallara”.
Ascoltavo black, death metal, vestivo solo di nero, croci, borchie, tutto il campionario. I professori lo dissero ai miei genitori, che non gli credettero, ma si convinsero che frequentavo brutte compagnie.
Tutto questo non mi rese la vita facile, soprattutto a scuola.
Allora feci la prima cosa che mi venne in mente, mi vendicai.
Scrissi il suo numero di cellulare in tutti i bagni in cui capitavo e su tutti i muri che potevo.
Non si fa, lo sappiamo, ma avevo quindici anni e tanta rabbia.
Ovviamente vicino al numero scrissi il suo nome e i servizi che offriva.
Fu divertente il giorno dopo vederla rifiutare chiamate compulsivamente in classe, venire sgridata perché prendeva continuamente il cellulare dalla tasca e vederle spegnere il telefono con la faccia arrabbiata. Di conseguenza cambiò numero.
Ho poi scoperto che aveva deciso di farmi passare per satanista e istigatrice all’ubriacatura perché il ragazzo che le piaceva aveva avuto la bella idea di dirle che non voleva uscire con lei, perché gli piacevo io.
Vent’anni dopo io e lei siamo ancora amiche.
Quando mi chiede , anni dopo, se fossi stata io, le risposi che no, non ero io.
Era stato Satana.
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