Poi, una volta seminata la folla, non sapendo che farmene lo abbandonai in un vicolo dal quale, non so come, tornò in chiesa, dove lo rividi diversi giorni dopo, quando la cupidigia (miravo alla mancia di un battesimo) ebbe la meglio sulla paura della ripassata che di certo Don Lorenzo non mi avrebbe fatto mancare. E non mancò, infatti: ramanzina d’ordinanza, confessione imposta, raffica di paternostri e, anche se non ne sono sicurissimo perché è passato troppo tempo, probabilmente un paio di ceffoni correttivi (allora era abbastanza normale, in una comunità contadina come la nostra, che prete, suore e maestre si aiutassero in questo modo per meglio assecondare il naturale sviluppo dell’etica nell’animo dei giovani).
Reintegrato nei ranghi, dopo poco tempo ero ormai il chierichetto con più anzianità di servizio di tutti, e quindi il capo. O quasi: il mio coetaneo Romeo, nato quattro mesi prima di me, mi contendeva lo scettro. Potremmo dire che lui sosteneva lo ius aetatis io lo ius anzianitatis, se mi passate il latino maccheronico. Il premio era rappresentato da un set di paramenti che, una volta indossati, avrebbero certificato la supremazia su tutta la schiera dei servitori di messa. Siccome non sempre eravamo presenti insieme, capitava che una volta li indossassi io e un’altra lui; la domenica erano sempre scintille, perché tutti e due li volevamo e a Don Lorenzo toccava dirimere la disputa teologica, di volta in volta, decidendo a chi farli indossare sulla base del servizio svolto (anche quelli erano gerarchizzati: suonare i campanelli, per esempio, era considerato un incarico di grande prestigio; passare le ampolline del vino, invece, era squalificante). Finché una domenica accadde l’inevitabile: i paramenti erano toccati a Romeo e io masticavo bile; eravamo sull’altare in attesa dell’ingresso del Don che, per qualche motivo, tardava a uscire dalla sagrestia. La chiesa era piena e noi due galli maggiori ci contendevamo il posto di maggiore visibilità. Prima discretamente, poi con qualche spallatina, finché tra noi abbiamo cominciato a sussurrarci paroline poco opportune dato il luogo. Forse io mi arrischiai a dargli un pestone o una gomitata, non saprei dire.
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