Mi autodenuncio
Questa è la storia di come ho sviluppato la mia ‘fobia delle mele’.
Da bambina i miei genitori mi iscrissero in un asilo gestito da suore siccome era molto vicino a casa.
Ogni giorno, alle 10 in punto, arrivava lo ‘spuntino di metà mattina’, degno della peggiore caserma, costituito per tutti i bambini senza eccezioni da mezzo pezzo di pane raffermo e una mela, ogni singolo giorno.
Come fossimo in prigione, chi non finiva la mela non avrebbe potuto fare l’intervallo di metà mattina della durata di un’ora, e avrebbe passato il tempo in un angolo in punizione.
Io, che non amavo le mele e faticavo a farmele andar giù, cercai per i primi tempi di sforzarmi a mangiare. Più passava il tempo però, più la mia avversione per le mele aumentava, e mi arresi velocemente al mio destino, tentando alcuni giorni di buttare la mela nel cestino di nascosto.
Le suore, vedendomi sempre rifiutare la mela o peggio scoprendomi a buttarla, iniziarono a fare cose disdicevoli tipo tapparmi il naso con la mano affinché io dovessi aprire la bocca per respirare, così che loro potessero infilarmi la mela a forza.
A quel punto io ho iniziato a manifestare segni di disagio anche a casa, ma oltre a questo ho escogitato mille strategie più una per liberarmi della mela:
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