E così, nell’arco di mezz’ora circa, mi ritrovai dalla vita in giù totalmente immersa nelle mie stesse feci liquide, perché quei cari e bizzarri pantaloni avevano dei laccetti all’altezza delle caviglie che stringevano e chiudevano il pantalone a mo di sacco. E MENOMALE! Quantomeno non iniziai a colare cacarella da tutte le parti. Nel frattempo però, i miei compagni iniziarono a rumoreggiare chiedendosi cosa fosse quella puzza. Ma la fortuna venne di nuovo in mio soccorso, perché a Palermo a marzo fa caldo e quella mattina tenevamo le finestre aperte. E proprio sotto la nostra finestra, stavano sturando un pozzetto nel cortile della scuola. Tutti attribuirono il forte odore fognario a quello e fui salva.
Riuscii a mandare un messaggio a mia madre, nascondendo il cellulare sotto il banco, che venne a prendermi. Appena arrivò, mi precipitai in bagno per darmi una pulita ma non fui in grado di abbassare i pantaloni per la mole di cacca che mi portavo appresso.
Rientrata a casa, mi spogliai a fatica per potermi finalmente lavare e vi giuro che quei benedetti, larghissimi, pantaloni a sacchetto erano completamente pieni di merda. Almeno un paio di chili.
Lavarsi fu un’impresa, ma questa è un’altra storia.
A scuola nessuno ne parlò mai di quel maledetto giorno, dando per scontato che la puzza venisse dal cortile, ma io sospetto che in fondo tutti sapessero e che per puro spirito di carità non dissero mai nulla.
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