Per me fu uno shock, ma ormai non era più possibile interrompere l’impresa balistica. Istintivamente feci un balzo all’indietro e, fuori controllo, mi trovai a fare delle giravolte all’interno della tenda, inondandola. Il caposquadriglia si rese conto di ciò che stava accadendo e si mise a bestemmiare come solo i marchigiani sanno fare, elencando con dovizia di particolari teologici la Santissima Trinità, la Sacra Famiglia, schiere di angeli e santi, ed i patroni della città (a Recanati ne abbiamo due: strano, ma vero).
Con tutto quel casino anche gli altri squadriglieri si svegliarono all’improvviso e, pur non capendo cosa stesse succedendo, ma percependo una strana sensazione solforica nell’aria, anche loro si unirono al coro di bestemmie.
Per una decina di secondi la nostra tenda scout, piantata su un cucuzzolo dei monti Sibillini, fu il centro mondiale della blasfemia e del satanismo. Io nel frattempo avevo esaurito il getto ed avevo opportunamente ritirato l’attrezzo. Superata la sorpresa gli squadriglieri chiesero cosa fosse accaduto, vedendomi lì in piedi in mezzo alla tenda. Il caposquadriglia, che si sentiva forse un po’ responsabile della situazione, disse che non era successo niente, che io avevo avuto un incubo. Ci rimettemmo a dormire e finì lì.
Durante il restante campeggio non svelammo cosa era accaduto durante quella notte; quando lo raccontammo, anni dopo, nessuno ci volle credere.
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