Avevo sì e no 6 anni. E negli anni ’80 a quella età era cosa abbastanza comune prendere la bmx e pedalare in giro per il quartiere senza troppe ansie genitoriali. Erano altri tempi.
Ero solito frequentare un bar dove ci si incontrava con gli amici per comprare caramelle e simili.
Un bel giorno però vidi che avevano montato un videogioco nuovo: Double Dragon (chi non se lo ricorda?)
Ne rimasi folgorato.
I miei miseri averi non mi consentivano di goderne come avrei voluto, così scattò in me la vena criminale.
Tornai a casa.
Entrai in camera da letto di nonna che viveva con noi.
Mi precipitai con passo felpato alla sua borsa. Presi il portafoglio. Aprii. C’erano tre pezzi da 10 mila lire. Con l’adrenalina a mille e senza pensarci ne prelevai uno, riposi il portafoglio e la borsa e mi precipitai al bar.
Al bancone chiesi alla proprietaria: “Me li cambi per giocare?”.
Mi guardò perplessa.
“Ma tutti?”
“Sisì, tutti”.
Mi cambiò 10mila lire in pezzi da 200 lire. Una montagna di spicci.
Iniziai a giocare a Double Dragon e ci rimasi per ore. Lo finii.
Diventai leggenda.
Divenne una droga.
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