Chiudo gli occhi, mi sento viscida e pizzicare dappertutto. Zeus si ferma di colpo appena arrivato al muretto (che solitamente salta tranquillamente).

Sono viva, sono viva.
Mi alzo da terra.

Tutto sommato mi è andata bene, non mi sono rotta nulla. Passano le macchine e rallentano, alcune entrano nel parcheggio, penso: “Beh, vorranno vedere il cane”.

Mi do uno sguardo per darmi un’aggiustata. Sono in piedi a bordo strada in mutande, davanti al cimitero.

I pantaloni hanno arato il prato e li ho persi, e il top tipo quelli sportivi si è riempito di erba e terra.
Così, figura per figura, mi sono metto a salutare disinvolta quelli che passano in macchina e parcheggiano mentre cerco di raggiungere i pantaloni prima che arrivi il corteo.

Arriva una macchina e procedo con un bel saluto. È mio marito che suona il clacson per rispondere e tira dritto lasciandomi al mio triste destino.

Qualche secondo di lucidità per capire che molti di quelli che ho salutato a gran sorriso hanno appena dato l’ultimo saluto ad un loro caro, visto che in lontananza sta arrivando il corteo funebre.