Il cavolo romano e la tesina di maturità

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Io entro con il cavolfiore in mano come il migliore degli Amleti con il peggiore dei teschi, innescando l’alzata di più di un sopracciglio nella compagine professoresca.

Morale della favola: mentre io mi alterno tra slide di PowerPoint e rara abilità ortofrutticola nel selezionare le cime di cavolo più autosimilari spandendo odore di cavolo (fresco, per fortuna) per tutta la classe, la professoressa del futuro cui è stato dato il PC portatile per scoprire le meraviglie dell’insieme di Mandelbrot, si è ficcata in una zona di nero assoluto e ha bloccato il computer medesimo, non vedendo dunque una cippa e mezza delle meraviglie dell’insieme di Mandelbrot e non capendo quindi assolutamente nulla del mio discorso.

Le fa eco la prof di inglese, nota per essere una che fa sembrare la Cipriani un’esperta di neutroni e procioni, che continua molto poco credibilmente a fare sì con la testa mentre io parlo del piano di Argand Gauss, e alla fine mi chiede se posso lasciarle il cavolo per pranzo.

La mia tesina di maturità, signori. Però non è andata male comunque, il voto non voglio dirlo ma visto le premesse è tutto cavolo scongelato che cola.

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Redazione

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