Madre pensa bene nottetempo di tirare il prezioso vegetale, modello di perfezione iperuranica, fuori dal congelatore, così mi sveglio la mattina fatidica con l’odore di cavolo putrefatto e oramai liquefattosi che infesta la casa.

Preso dal panico, la spedisco a comprare un cavolo tradizionale, funziona lo stesso ma è meno scenografico.

Il dramma.

Madre pensa che parte integrante della difficile missione “torna a casa con un cavolo” sia spiegare attentamente all’addetta dell’ortofrutta le proprietà dei frattali, avendole peraltro fatte proprie in modo davvero incerto e comunque incomunicabile.

Ed è così che ricevo la telefonata di madre che mi passa la commessa, la quale mi descrive un cavolfiore normalissimo come Madre Natura ne genera dalla notte dei tempi, terrorizzata che per colpa sua la tesina sarà un fallimento e io passerò pertanto il resto della mia vita a sniffare colla UHU sotto i ponti vendendo parti random del mio corpo a maniaci vari come mezzo di sussistenza.

Io dico, ovviamente, che è perfetto. Madre torna nella casa che oramai in quanto ad odore fa invidia alle migliori fogne di Calcutta, colma di trionfo vegetale, e ci rechiamo al liceo.