Sono un farmacista.
Per anni ho lavorato nella farmacia di un paese di poco più di 500 abitanti. Conoscevo tutti e tutti mi conoscevano perché nei paesini il farmacista è ancora una personalità, come il sindaco, il prete e il brigadiere dei carabinieri.
Conoscevo tutti, dicevo.
O almeno così credevo.
In sostanza un giorno, durante la pausa pranzo, vado a prendermi il caffè al bar centrale e incontro E., una cliente della mia età con la quale ero (o credevo di essere) piuttosto in confidenza.
Niente di che, io sposato, lei anche, ma ci piaceva coltivare un rapporto scherzoso, fatto di battutine allusive e doppisensi da entrambe le parti.
Schermaglie innocue ma assolutamente corroboranti per due coniugi evidentemente un po’ stanchi della routine che però si accontentavano di buttarsela reciprocamente in caciara senza mai addivenire a qualcosa di realmente serio o pericoloso per la stabilità delle rispettive coppie.
Insomma, mentre son lì che bevo il caffè comincio a fare il ca**one e mi lancio in qualche apprezzamento vietato ai 18, faccio qualche allusione da satiro, compiacendomi della mia arguzia.
Lei risponde a mezza bocca con uno sguardo tra lo schifato e lo sconcertato e io penso che magari sto esagerando. Non capisco cosa stia succedendo, ma magari oggi per lei non è giornata e non ha voglia di darmi corda. Decido di smettere, bofonchio un ciao, esco di fretta.
Insomma, indovinate un po’ chi aveva una sorella gemella tornata in paese dall’estero?
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